Nonluoghi Archivio Ehrman e i Vangeli, ciò che “Gesù non ha detto…”

Ehrman e i Vangeli, ciò che “Gesù non ha detto…”

di Zenone Sovilla

«E se Dio non l’avesse detto?». Bart D. Ehrman confessa di avere sempre questa reazione di fronte alle prese di posizione rigide di chi giustifica comportamenti e giudizi richiamandosi alle sacre scritture («l’ha detto Dio, io ci credo, e questo è quanto»).
Ehrman, storico del Nuovo Testamento e direttore del dipartimento di studi religiosi dell’Università del North Carolina, è esperto di critica testuale, vale a dire la scienza che ha l’obiettivo di risalire alle parole originali sulla base di manoscritti nei quali esse sono state modificate.

Lo studioso riporta il risultato di trent’anni di ricerche nel volume «Gesù non l’ha detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei Vangeli» (Mondadori, 273 pagine, 17,50 euro), in libreria da questa settimana. «Non soltanto – scrive Ehrman – non abbiamo gli originali, ma non siamo neppure in possesso delle loro prime copie, Anzi, non abbiamo nemmeno le copie delle copie, e neppure le copie delle copie delle copie. Quello che possediamo sono copie eseguite più tardi, molto più tardi. Nella maggior parte dei casi, diversi secoli dopo. E le copie sono tutte differenti una dall’altra, in migliaia di punti».

Il cattedratico sottolinea l’incertezza della ricostruzione di parte del testo: «Che senso ha sostenere che Dio ha ispirato ogni singola parola delle sacre scritture dal momento che noi non le abbiamo?». E ne trae le conseguenze: «È un po’ difficile conoscere il significato delle parole della Bibbia, se non sappiamo neppure quali esse siano!». I frutti dell’analisi portano Ehrman a «un ripensamento radicale» della sua interpretazione di che cosa sia la Bibbia. Ritenuta in precedenza «parola infallibile e pienamente ispirata di Dio», la Scrittura inizia ad assumere per lo studioso i contorni di «un libro molto umano», sia pure frutto dell’opera di persone che si sentivano ispirate dal Padreterno.

Il professore americano a questo punto arriva al nucleo della faccenda: «Proprio come degli scribi umani avevano copiato e modificato i testi delle sacre scritture, così, in origine, autori umani li avevano scritti. Si trattava di un libro umano dall’inizio alla fine. Era stato scritto da diversi autori in diverse epoche e in diversi luoghi per rispondere a esigenze diverse». Insomma, dietro ai testi ci sono le soggettività degli autori, le loro vite e le loro opinioni, le loro teologie e le loro aspirazioni. «Ecco perché erano uno diverso dall’altro», osserva Ehrman. In altre parole, appunto, «Marco non diceva la stessa cosa che diceva Luca perché non intendeva la stessa cosa di Luca» e così via. Ognuno di loro, dunque, deve essere letto «per ciò che ha da dire». Nelle pagine del suo saggio, di taglio divulgativo e pubblicato negli Stati Uniti due anni fa, l’autore descrive il percorso che lo ha condotto a questa svolta nel rapporto con la Bibbia, una convinzione cui spiega di dedicarsi «anima e corpo».

Ehrman sottolinea che molti cristiani hanno sempre rifiutato un’interpretazione letterale della Bibbia come «programma infallibile» per la fede e la vita; tuttavia, ricorda che tante altre persone vivono invece in questo modo le sacre scritture e ne traggono risposte cui adeguare i propri comportamenti sociali. «E se il libro che si ritiene riveli le parole di Dio – scrive lo studioso – contenesse invece le parole di altri esseri umani? E se la Bibbia non desse una risposta sicura agli interrogativi dell’era moderna come aborto, diritti delle donne, diritti degli omosessuali, supremazia religiosa, democrazia all’occidentale e affini? E se dovessimo riuscire a capire come vivere e cosa credere per conto nostro, senza erigere le sacre scritture a falso idolo o a oracolo che offre una linea diretta di comunicazione con l’Onnipotente?».

Domande vibranti che sembrano evocare le immagini del film «Centochiodi» di Ermanno Olmi, un’invettiva contro la fissità della parola scritta. L’autore di «Gesù non l’ha mai detto» confessa che, pur avendo via via cambiato i suoi sentieri teologici, continua a riconoscere il valore della Bibbia e dei «molti e diversi messaggi che essa contiene», così come apprezza gli altri scritti dei primi cristiani. «Tutti questi autori – scrive Ehrman nell’introduzione – hanno preziosi insegnamenti da offrirci. È importante sapere quali furono le loro parole per capire che cosa avevano da dirci e poi giudicare da soli che cosa pensare e come vivere alla luce di tali insegnamenti».

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