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La polveriera di Vicenza

[ da www.carta.org ]

di Giuliano Santoro

Bisognerebbe affermarlo sottovoce, o scriverlo facendo i debiti scongiuri, ma se si mettono in fila gli indizi che portano all’aeroporto Dal Molin di Vicenza pare proprio che il governo si stia orientando a negare l’autorizzazione alla servitù mlitare. Quella che gli statunitensi vorrebbero trasformare in una mega-base militare di supporto alle aggressioni della guerra infinita, dovrebbe rimanere una zona dse-militarizzata, come chiedono da mesi i cittadini di Vicenza. Dall’Assemblea permanente contro la base, giustamente, ci vanno coi piedi di piombo, e quindi nei prossimi giorni, ha chiamato alla mobilitazione: martedì 16 gennaio alle 20.30 ci sarà una fiaccolata che partirà da piazza Castello, mentre per giovedì 18 alle 9 al piazzale della stazione ferroviaria è fissata una manifestazione studentesca. Forse siamo al rush finale, del colpo di reni di migliaia di persone che, generosamente, hanno anteposto il bene comune [la pace nel mondo e gli spazi pubblici della propria città] alle urgenze della propria vita quotidiana. Queste sono le ore decisive: il giorno x è tra quattro gennaio. Venerdì prossimo, quando scadrà l’ultimatum dell’ambasciata statunitense al governo italiano: “Entro il 19 gennaio fateci sapere che intenzioni avete, altrimenti sbaracchiamo anche la caserma Ederle, mandiamo a casa i settecento vicentini che ci lavorano e trasferiamo tutti in Germania”. Difficile che quello stabilito dagli statunitensi possa diventare un termine improrogabile , ma di sicuro gli Usa non vogliono perdere tempo: hanno detto che necessitano di una risposta al massimo entro due mesi.
La rappresaglia a stelle e strisce ha accelerato i tempi di decisione, mentre i comitati erano pronti a una vertenza di lunga durata, e stavano mettendo in piedi la consultazione cittadina autogestita sulla base. Ma soprattutto, la sparata dell’ambasciatore Usa testimonia di un clima teso. Si tratta di una mossa che mira a dividere i vicentini: giusto ieri, i sedicenti “comitati di cittadini per il sì alla base”, messi in piedi in fretta e furia dal centrodestra e dagli statunitensi, hanno provato a organizzare una manifestazione a favore dell’insediamento militare, che è falllita miseramente. E grazie all’affaire vicentino, persino i giornali liberisti, quelli che di solito glissano sulle questioni più spinose, hanno scritto con imbarazzata disinvoltura che nelle basi militari italiane ci sono testate nucleari e macchine di morte micidiali.
Se il governo dovesse schierarsi contro la base al Dal Molin, facendo retromarcia rispetto alle promesse della coalizione guidata da Berlusconi nella scorsa legislatura, sarebbe una clamorosa vittoria di una città intera, che negli ultimi mesi ha imparato, passo dopo passo, a riprendersi le scelte sulla qualità della vita e sul destino dei proprio territori. Chiunque capisce che mettere in scacco l’Armata della guerra, di questi tempi, per di più in una città che i più giudicavano “sonnacchiosa” e “omologata”, non è cosa da poco. La questione era scottante, ma adesso il cerino è in mano ai due governi, quello italiano e quello statunitense: seduti sulla polveriera di una citta insorta, i due governi cercano di capire il da farsi. Fino a venerdì prossimo, insomma, possiamo goderci l’imbarazzo degli amministratori locali, dei guerrafondai finto-pacifisti e dei dottori Stranamore. Sempre facendo i debiti scongiuri, sia chiaro.

[ da www.carta.org ]

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