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Editori a muso duro, giornalisti in sciopero

Neanche l’intervento del governo fa retrocedere gli editori dei giornali italiani, ormai decisi a destrutturare l’impianto contrattuale nazionale, tra l’altro abbassando gli stipendi e trasferendo il nucleo delle intese al livello territoriale o addirittura individuale. Ieri hanno detto a chiare lettere al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che non intendono trattare, se non per smantellare una serie di garanzie professionali.
Perciò i giornalisti sciopereranno quattro giorni cercando pure di rafforzare il contatto con un’opinione pubblica ancora legata allo stereotipo consunto della “categoria di privilegiati”. In realtà, oggi su 11 mila occupati stabili circa 4 mila e 500 hanno stipendi che vanno dai 980 euro ai 1300 euro e molti per arrotondare sono costretti a lavorare anche la domenica, mentre dilagano contratti a termini e atipici.
Gli editori italiani, riuniti nella Fieg, non solo non vogliono sentir parlare di accordi normativi e economici (a cominciare da quelli per precari e freelance) che avrebbero ricadute sulla qualità dell’informazione, ma vogliono anche rendere ancora più deboli e ricattabili i giornalisti già contrattualizzati. Le proposte sindacali, infatti, toccano anche qualità e indipendenza dell’ informazione, formazione dei giornalisti e accesso alla professione: si tratta di una piattaforma che guarda sia ai problemi dei lavoratori sia all’esigenza democratica di una stampa libera in grado di dare un supporto solido al dibattito civile.
Gli editori, oltre a non mostrare alcuna sensibilità per questi temi (a cominciare dallo sfruttamento di un esercito di giornalisti freelance o precari, spesso pagati pochissimo – dino a pochi euro per un articolo – e gettati nella mischia di vicende assai delicate), ripetono che intendono ristrutturare il contratto nazionale di lavoro. Vogliono eliminare i primi due livelli salariali (redattore meno 30 e oltre 30 mesi) lasciandone uno solo (meno30), utilizzando anche un anno di “formazione” pre-praticantato. In altre parole, l’inizio della vita professionale da dipendente (dopo anni da collaboratore più o meno sfruttato) si avrebbe con un anno di formazione cui seguirebbero i 18 mesi di praticantato e poi un unico grande livello retributivo, a eccezione delle eventuali promozioni. A proposito, i padroni vorrebbero pure sottrarre all’assetto redazionale i capiredattori, trasformandoli in dirigenti a termine che non rientrerebbero più nelle tutele previste dal contratto di lavoro giornalistico, segnando così una grave spaccatura fra colleghi.
Il livello economico unico, di fatto, significherebbe per i redattori un calo di circa il 30 per cento rispetto all’attuale calcolato dopo due anni e 6 mesi. Gli editori vogliono anche contratti a termine liberi in tutti i sensi, il praticantato a termine (cioè, sulla scia di un fenomeno già in atto, lo svolgimento a singhiozzo, in aziende diverse, dei 18 mesi previsti per l’esame di stato).
Confermata anche la pretesa di azzerare l’attuale struttura degli scatti di anzianità, unica seria dinamica salariale per i giornalisti che non fanno carriera (spesso quelli più tenaci e liberi).
Gli editori respingono anche la richiesta di un confronto sulle ipotesi di riforma dell’accesso alla professione, così come sugli investimenti ina qualità, formazione e aggiornamento professionali.
Oltre al contratto, nel mirino degli editori della Fieg c’è l’ente di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi, del quale finora hanno boicottato una riforma che pure avevano concordato con la controparte. Adesso pretendono ancora più libertà nella determinazione degli stati di crisi (la mucca d’oro che i giornali italiani hanno munto per decenni) e dei conseguenti esuberi fra il personale da prepensionare.
La Fieg pretende pur di avere più peso nel consiglio di amministrazione dell’Inpgi, dove evidentemente tenterebbe di prendere il controllo dell’ente e probabilmente di neutralizzare quell’ufficio ispettivo che tanti grattacapi procura ai datori di lavoro che fanno i furbi in materia di rispetto delle norme contrattuali vigenti.
Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale del sindacato dei giornalisti (Federazione nazionale della stampa, Fnsi) ha commentato: “La Federazione Italiana Editori Giornali respinge oggi con una nota la sollecitazione del Ministro del Lavoro Cesare Damiano a riprendere il negoziato con il Sindacato dei Giornalisti. Una posizione incomprensibile e brutale che non tiene in nessun conto le reiterate disponibilità al dialogo senza pregiudiziali espresse dalla Fnsi. Il Sindacato dei Giornalisti ha legittimamente presentato una piattaforma rivendicativa con richieste salariali e normative, come è sempre avvenuto nella storia delle relazioni sindacali tra le parti. La Fieg ha a sua volta presentato una piattaforma contenente 45 proposte peggiorative del contratto, che mirano a ridurre di quasi il 30 per cento lo stipendio dei giornalisti ed a sostituire il lavoro dipendente con tutte le forme possibili di precariato e di informazione prodotte all’esterno delle redazioni. Non solo, la Fieg blocca anche la riforma della previdenza dell’Inpgi e la delibera di abbattimento contributivo per la riassunzione dei colleghi disoccupati e impedisce persino un confronto sereno sul diritto d’autore proposto dal Governo. Una posizione assurda, che rischia di inasprire ulteriormente la vertenza. Rispondiamo con gli scioperi e con altre iniziative di mobilitazione a livello nazionale e aziendale. Abbiamo la coscienza di aver fatto tutto il possibile per evitare uno scontro, che danneggia le aziende e l’ informazione nel Paese. Il Governo, ed in particolare il Ministro del Lavoro, che ha assunto una positiva iniziativa ed ha preannunciato un tavolo congiunto, valuterà la posizione degli editori. La Fnsi dice sì alla ripresa delle trattative ed è disposta a partecipare a un tavolo convocato dal Ministro, nonostante lo schiaffo che la Fieg ha dato al buon senso e agli stessi interessi editoriali”.
Di fronte a questa situazione, i giornalisti scendono in sciopero.

I giornalisti dei quotidiani e delle agenzie di stampa di notizie e servizi scioperano nelle giornate venerdì 29 settembre e sabato 30 settembre per impedire la pubblicazione dei quotidiani nelle giornate di sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre.

I giornalisti dei quotidiani e delle agenzie di stampa di notizie e servizi attueranno le altre due giornate di sciopero nazionale nelle giornate di giovedì 5 e venerdì 6 ottobre per impedire la pubblicazione dei quotidiani nelle giornate di venerdì 6 e sabato 7 ottobre.

I giornalisti della Rai e dell’emittenza radiotelevisiva nazionale privata sciopereranno venerdì 6 e sabato 7 ottobre in modo da realizzare, insieme alle astensioni dei colleghi dei quotidiani e delle agenzie, due giornate di totale black out dell’informazione.

I giornalisti dell’emittenza radiotelevisiva nazionale pubblica e privata attueranno le altre due giornate di sciopero nelle giornate di martedì 24 e mercoledì 25 ottobre.

Link: www.fnsi.it

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