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Hong Kong, l’inganno del Wto

Il WTO si espande e il mondo espande le sue aspettative dal WTO
Con queste parole, Pascal Lamy, direttore generale del WTO ha terminato il suo discorso davanti alla commissione interparlamentare europea, presieduta dal nostro Pier Ferdinando Casini, avviando in maniera ufficiale una settimana terribilmente importante per il WTO, impegnato nella sua sesta conferenza ministeriale. Sino ad ora il bilancio di queste conferenze è stato piuttosto deludente visto che due sono miseramente fallite (Seattle e Cancun), una non lo è stata solo per il particolare momento in cui si è svolta (Doha, nel post 11 settembre), mentre le altre (Ginevra e Singapore), non hanno preso decisioni rilevanti.
Ora ad Hong Kong, Lamy qualcosa deve portare a casa se non si vuole definitivamente cancellare l’attuale ciclo di negoziati.
Come ha spiegato nel discorso appena citato, il Doha round deve terminare il prossimo anno perché poi scadrà la delega che il presidente Bush ha ottenuto dal Congresso americano per negoziare in autonomia accordi commerciali multilaterali, senza questa delega il Congresso riempirebbe di emendamenti un eventuale accordo, e siccome tutti lo sanno, nessun paese sarebbe disposto a continuare i negoziati.
Quali attese da HK?
Le aspettative per questa ministeriale sono state “ricalibrate” dopo il fallimento degli intensi negoziati di novembre fra USA, UE, India, Brasile, Giappone ed Australia, il nuovo G6 che governa l’organizzazione di Ginevra.
Dunque niente accordo totale su percentuali e formule di riduzione di dazi, sussidi e quant’altro; il nuovo obiettivo diventa quello di decidere un calendario per condurre in porto il round, e magari risolvere un paio di punti aperti.
A questo proposito si è parlato di una ministeriale in primavera, anche se probabilmente sarà un Consiglio generale formato Ginevra 2004, ovvero con la partecipazione dei ministri più influenti, dove ottenere quello che non è possibile concordare in questa settimana.
Dunque nessun rischio per i comuni mortali da Hong Kong? Non propriamente.
La bozza di dichiarazione ministeriale presentata da Lamy in maniera ufficiale il 6 dicembre è piena di trabocchetti in cui i paesi in via di sviluppo devono stare attenti a non cadere. In Agricoltura si parla di convergenza su riduzione dei sussidi e sulla formula di taglio delle tariffe, così come nel NAMA (prodotti industriali) si parla di accordo fatto sulla formula di tipo svizzero (taglio maggiore sulle tariffe più alte, quelle dei PVS), e nell’allegato sui servizi si specifica che il negoziato potrà avvenire in maniera plurilaterale: tutte cose che se fossero votate non otterrebbero la maggioranza dei consensi fra i 148 paesi membri.
Aiuti
Per indorare la pillola Lamy, Mandelson e soci sono pronti a una settimana di retorica sul commercio come fondamentale strumento di aiuto nella lotta alla povertà e in questa direzione vanno le due decisioni prese nei giorni scorsi sull’Accordo TRIPS. Del resto nella dichiarazione la parte dedicata al tema aiuti per il commercio (“aids for trade”), occupa uno spazio rilevante.
Con dei ministri così filantropici risulta davvero difficile comprendere come mai il mondo di oggi sia così diseguale!
Purtroppo la questione della distribuzione continua ad essere occultata, e si continua a parlare di mercato, di bisogni, di servizi, di rapporti contrattuali, come se il potere non esistesse e i rapporti fossero trasparenti ed equi.
Eppure lo scriveva lo stesso Adam Smith, padre della “mano invisibile” regolatrice del libero mercato, “ogni regolamento del commercio […] proviene da una cerchia di uomini il cui interesse non coincide mai esattamente con quello del pubblico e che, in molte occasioni, non hanno mancato di ingannarlo e vessarlo”.
Da Hong Kong quello che vogliamo è proprio questo: nessun nuovo inganno.

Roberto Meregalli

Beati i costruttori di pace – Rete di Lilliput – Tradewatch.it

Copertura informativa su Hong Kong su www.tradewatch.it

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