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Informatica, virus e biodiversità

di Mario Alexandro Santini
In biologia si considera la diversità una ricchezza, anzi di più, una caratteristica fondamentale per la sopravvivenza della vita sulla terra. Se esistessero poche specie viventi, o peggio se ne esistesse soltanto una, tanto per fare un esempio, la vita sul nostro pianeta correrebbe un gravissimo rischio. Sarebbe sufficiente, infatti, una qualche minaccia in grado di distruggere quella unica specie per cancellare tutta la vita dalla faccia della terra. Questo non succede, nonostante i continui cataclismi, perché per ogni vittima compare un individuo differente a rimpiazzarla, in genere più robusto e adatto del precedente.
Il mondo dell’Informatica, anche se molto diverso da quello biologico, ne è comunque derivato o, se si preferisce, un riflesso che ne ricalca le linee principali.

Ad esempio i virus informatici, programmi semplici e piccoli, appena qualche centinaio di linee di codice il più “ciccione”, capaci però di devastare sistemi composti da milioni e milioni di linee di codice. Un po’ come i microbi o i virus biologici, appunto, che attaccano gli individui più complessi e spesso ne hanno la meglio.

Certo l’uomo, nella sua specificità di animale intelligente, ha studiato innumerevoli strategie di diversa, per queste minacce invisibili. Cure mediche, procedure di sicurezza, sistemi addetti al monitoraggio e via dicendo. Per quanto tutto questo possa apparire efficiente e fondamentale per la sopravvivenza umana, non dobbiamo dimenticarci che a inizio anno (2003) una influenza ha seminato morte, paura e confinato in casa milioni di persone in tutta l’Asia ed anche in Nord America, ripercuotendosi in tutto il mondo. Dunque, la via della cura rappresenta solo un modo per arginare, limitare, circoscrivere il danno che una epidemia può causare, ma di sicuro non può evitare che il danno sia provocato. Questo perché i medici, gli scienziati, si trovano sempre a contatto con entità nuove, che non conoscono e che devono quindi osservare per poterle distruggere. Un buon esempio è il virus dell’AIDS, ancora non è stata trovata una cura definitiva dopo oltre 10 anni di studio, ma bisogna considerare che 10 anni sono un tempo molto breve per la ricerca, non lo sono per chi contrae la malattia.

Di fronte a questa impotenza, l’unica cosa che ci protegge veramente da una estinzione è la biodiversità. Ovvero il fatto che alcuni individui, in quanto sono differenti sono immuni ad agenti che, invece, possono colpire e anche uccidere tutti gli altri.
Se tutto questo, con le dovute proporzioni, lo riportiamo al mondo informatico, ci possiamo accorgere che la strategia degli anti-virus è solo un palliativo al problema rappresentato dalla diffusione di malicius codes, trojans, worms. La diffusione enorme di questi programmi è causata non dalla assenza di sistemi di protezione adeguata, ma dal fatto che quasi tutti i sistemi che vengono attaccati sono uguali e basta trovare un piccolo varco in uno per abbatterli tutti con effetto a valanga. Questo si ripercuote sulla vita reale delle persone, che non possono lavorare, che perdono dati personali e di lavoro.

Dunque abbiamo visto come i virus informatici siano favoriti dalla uniformità dei sistemi, che la loro azione è tanto più forte quanto più identici sono fra loro i vari programmi installati su varie macchine connesse in rete. Questa eguaglianza non avviene per caso, ovviamente è stata scelta dal mercato per una necessità importante, la compatibilità dei sistemi, che permette di scambiare dati e lavorare fra più persone che utilizzano computer, Quello che è stato trascurato, in questo approccio, è il fatto che i sistemi non devono per forza essere uguali per essere compatibili. Sì perché in Informatica, due programmi completamente diversi possono tranquillamente comunicare e lavorare assieme se hanno una interfaccia comune; il semplice fatto che siano diversi, invece, li rende meno propensi a guastarsi per la stessa causa.

Puntare sulla compatibilità, anziché aspirare alla uniformità, è la mossa tecnologica vincente contro i virus. A dimostrare la bontà di questa ipotesi possiamo portare l’esempio di Internet, una rete formata da tante altre reti i cui nodi sono costituiti da macchine che funzionano con qualunque tecnologia. Eppure oggi ogni computer riesce ad accedere alle informazioni di Internet ed anche a pubblicarne, senza alcun problema.
Per correggere la rotta presa dal mercato dell’Informatica, però, si deve prima capire bene dove questo stia andando oggi.
Alcune aziende che hanno consolidato la loro presenza nel mercato del software, stanno cercando di realizzare un monopolio di fatto. Questi comportamenti sono pericolosi, sia da un punto di vista commerciale e di mercato, sia da un punto di vista tecnologico.
Dal punto di vista economico, i monopoli sono poco convenienti per i consumatori, che comincerebbero a trovarsi prodotti più scadenti e più costosi, rispetto a quelli realizzati in regime di concorrenza, per il semplice fatto che al monopolista non interessa migliorare il prodotto ma solo mantenere la posizione di supremazia; inoltre sarebbero sempre meno innovativi, perché la ricerca tecnologica è molto costosa ed è quindi giustificata solo dalla concorrenza sul mercato. Da un punto di vista tecnologico, invece, i rischi sono rappresentati da una sudditanza tecnica che non consentirebbe più agli utenti di avere il controllo delle informazioni. Questo controllo sarebbe accentrato nelle mani di pochi con tutti i rischi che questo fatto potrebbe comportare, oltretutto resterebbe il problema della elevata vulnerabilità dei sistemi per tutti coloro che volessero approfittarne. Sarebbe sufficiente sviluppare un virus devastante che funziona su un solo tipo di macchina, quindi un programma molto semplice, per abbatterne migliaia o forse addirittura milioni come è successo con Code Red.

Se invece il mercato diventa più competitivo, cioè si frammenta con l’ingresso di nuove entità che gareggiano alla pari, il problema dei virus comincerà lentamente a svanire, perché non si avrebbero più epidemie così diffuse e rapide, ma molto più limitate. In questo caso gli anti-virus diventerebbero l’arma risolutiva che oggi non possono essere. Grazie all’utilizzo di formati aperti si potrebbe lavorare tranquillamente senza aver paura di produrre documenti che poi gli altri non possono leggere o modificare.

Purtroppo molte persone sottovalutano i pericoli della sicurezza informatica perché ignorano completamente i rischi ai quali sono esposti e ritengono i virus essere delle ragazzate fatte da ragazzini al solo scopo di divertimento. Purtroppo il mondo digitale, virtuale, informatico o come vogliamo chiamarlo non è diverso dal nostro mondo. Nelle nostre città sappiamo tutti quali siano le zone da non frequentare ad una certa ora o comunque privi di una qualunque forma di difesa, quando usciamo di casa o la notte ci preoccupiamo di chiudere bene a chiave la porta, installiamo antifurti in casa e sulle macchine. Quando accendiamo un computer, invece, ci dimentichiamo di tutto questo e lasciamo la porta aperta agli estranei, andiamo su siti che sarebbe meglio evitare, non ci curiamo che i programmi come gli anti-virus (alla stregua dei sistemi d’allarme) funzionino a dovere. Siamo troppo sbadati o forse convinti che al di là dello schermo ci siano solo persone buone o bene intenzionate alle quali non interessa farci del male. Il problema è che non ci rendiamo conto di quanto l’utilizzo di un computer possa rappresentare un desiderio per tanta gente che ha bisogno di fare attività poco lecita in rete e che va cercando qualcuno che presti loro una «identità pulita» tramite la quale operare indisturbati.

Optare per utilizzare sistemi più sicuri e compatibili per mezzo dell’adozione di formati non proprietari è un buon modo per limitare il campo d’azione di qualunque virus futuro. Certo non rappresenta la soluzione definitiva, come qualunque cura medica in campo biologico, ma di sicuro renderà la vita più libera da spam, perdite di dati indesiderate, e quanto altro occorra quando si viene infettati «virtualmente».

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Questo sito nacque alla fine del 1999 con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul ruolo dei mass media nei processi di emancipazione culturale, economica e sociale. Per alcuni anni Nonluoghi è stato anche una piccola casa editrice sulla cui attività, conclusasi nel 2006, si trovano informazioni e materiali in queste pagine Web.

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