Nonluoghi Archivio Torture irachene a Nassiriya: conferme. Solidarietà al Tg3

Torture irachene a Nassiriya: conferme. Solidarietà al Tg3

Dopo le dichiarazioni fatte durante un’intervista dalla signora Pina Bruno, vedova del carabiniere Massimiliano, caduto a Nassiriya, gli esponenti della maggioranza di governo di destra stanno facendo a gara in una corsa vergognosa a infangare il lavoro importante svolto dai giornalisti del Tg3. Il governo e i suoi scudieri, che continuano a minimizzare la vicenda delle torture così come il resto degli orrori iracheni, arrivano a chiedere le dimissioni del direttore del Tg3, mentre accusano l’opposizione di strumentalizzare una “manipolazione mediatica”: in realtà sono loro, le facce di bronzo che ci governano, a sollevare un polverone per distrarre l’opinione pubblica dal nucleo della faccenda (che cosa è successo nelle prigioni di Nassirya) e per intimidire i mezzi d’inbformazione (ma non basta controllarne direttamente la gran parte?).
La signora Bruno, oggi, ha aggiustato il tiro. Ma a quanto intendiamo, non smentisce quasi nulla. Semplicemente precisa di non aver mai parlato di torture perpetrate da carabinieri; infatti, nessuno ha mai equivocato su questo punto. Le parole mandate in onda dal Tg3 lasciavano immaginare, piuttosto, sospetti di omessa vigilanza della gerarchia militare italiana nei riguardi dei comportamenti assunti dai soldati iracheni impiegati nel carcere.
A rendere ancor più grottesca e inquietante l’offensiva della destra neoliberista e autoritaria che governa l’Italia è un semplice fatto: il colonnello dei carabinieri Carmelo Burgio, alla guida del reggimento di Nassiriya oggi conferma tutto ed entra nel dettaglio della situazione raggelante nel carcere gestito dagli iracheni. Intervistato da Marco Nese del Corriere della Sera il colonnello afferma tra l’altro che il carcere di Nassiriya era “orrendo” e che non ha dubbi sulle dichiarazioni della vedova Bruno: suo marito vide «scene disumane», afferma il graduato, precisando che i prigionieri consegnati dagli italiani ai poliziotti iracheni venivano accolti conn una trentina di legnate ( «Più volte abbiamo riscontrato segni di torture sui detenuti»).
Burgio sottolinea che i militari italiani non hanno mai usato violenze sui prigionieri, ma rivela che più volte hanno chiesto invano agli agenti iracheni di smetterla. Ma a parte l’invito nel vuoto, che cosa fecero gli italiani per fermare le torture? «Ne abbiamo sempre informato l’autorità giudiziaria irachena», precisa il colonnello al Corriere della Sera.
Forse un po’ poco, se si considera la gravità dei fattil, così riassunti dallo stesso ufficiale italiano: «Ci siamo trovati a volte davanti a detenuti mezzo morti, con bruciature di ferro da stiro sul corpo e lividi terrificanti a causa delle bastonate. Non era solo la polizia irachena a usare la mano pesante. I più bestiali erano alcuni gruppi di miliziani legati a formazioni politiche che si arrogavano il diritto di svolgere compiti di polizia per mantenere l’ordine. Spesso la loro attività consisteva nell’andare a scovare esponenti del vecchio regime per compiere vendette. Li trascinavano in qualche sotterraneo e li sottoponevano a sevizie di una ferocia inimmaginabile».
Questo a Nassiriya. Parola del comandante del battaglione dei carabinieri. Il governo italiano avrà qualcosa da dire o continuerà la gazzarra penosa che ha messo in piedi per non assumersi la responsabilità di quanto sta accadendo in Iraq e dei suoi riflessi internazionali?
Ai colleghi del Tg3, che per primi hanno scoperchiato questa pentola orribile, la nostra solidarietà; a chi in queste ore si esercita in vergognosi attacchi alla libertà di stampa, il nostro deploro.

(zenone sovilla)

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